Guide: Giuseppe Casamento, Vitalba Lombardo e Vittoria Minunno
Non sappiamo se il nome corretto sia Castello di Pietra o Castello della Pietra.
Comunque noi oggi siamo stati là, per visitare un luogo molto particolare. Un sito naturalistico composito di tante componenti: la componente geologica, quella idrografica, quella botanico-vegetazionale, quella paesaggistica e quella archeologica.
Abbiamo fatto base nella cittadina di Partanna, nel sud della provincia di Trapani, poco distante da Castelvetrano. Arrivando intorno alle 9, chi poco prima, chi poco dopo, abbiamo avuto il tempo di andare al bar e gustare qualche piccolo dolcino della pasticceria tipica trapanese (leggasi principalmente “cassatella”) e di visitare l’interessante Castello Grifeo, maestoso all’esterno e sede del Museo Archeologico, dove oltre ai numerosi reperti dell’antichità risalenti fino alla Preistoria e rinvenuti nei siti archeologici dei dintorni, si conservano anche opere di altro genere e molto più vicine alla nostra epoca, come pitture su tela, mobili, pavimenti in ceramica e perfino cimeli garibaldini.
Ci siamo poi trasferiti nella Tenuta Zangara, avendo prima comunicato alla proprietà la presenza del nostro gruppo: ciò si è reso opportuno, variando il luogo di inizio dell’escursione, per evitare le stradelle fangose, perché le recenti piogge avevano procurato l’accumulo di abbondante limo nelle piccole cunette lungo la sede delle stradelle locali.
L’escursione è quindi iniziata da un curvone alla base N del Cozzo La Guardia, a m 140 di altitudine, in dx idrografica del Vallone Riserva. Percorrendo 250 m circa di una strada sterrata in discesa abbiamo raggiunto il punto di superamento del Vallone, m 125, dove la strada che là termina sfiora una grossa condotta idrica (acquedotto o fognatura?).
Ci portiamo in sponda sx, aggiriamo l’accumulo di terra smossa dai lavori della posa idraulica e proseguiamo, verso S, su terreni carbonatici sub- pianeggianti erosi superficialmente dall’acqua delle precipitazioni e intervallati a tratti erbosi.
Giungiamo presto ad un affaccio sul vallone che dal ciglio del burrone della sponda sx, dove siamo noi, consente la vista del fondovalle, sottostante più di una decina di metri e ricoperto da fitta vegetazione; la sponda opposta, quella dx, anche più alta della nostra, presenta 2 diverse colorazioni (tra il grigio e il giallo) indizio della presenza di due alti strati di roccia sovrapposti. Inoltre guardando a S in direzione del corso idrico, si comincia ad osservare l’imponente formazione rocciosa del Castello di Pietra.
Il Vallone Riserva confluisce da dx nel Fiume Belice ad una altitudine di circa 25 m, in un punto distante circa 10 km dalla foce nel Mar di Sicilia, in prossimità della località costiera di Marinella di Selinunte.
Il Vallone è lungo circa 1 km, ma la sua origine in forma di ruscello, avviene 2 km più a monte, a m 144, grazie alla presenza di una sorgente poco ad O delle Rocche di Donna Lucia (m 260). L’origine geologica, probabilmente non remota, sembra provocata da una larga fenditura del terreno e dal continuo lavorio dell’erosione idrica.
Proseguiamo il nostro cammino a S ed osserviamo che alcune superfici carsiche presentano dei fori disposti in forma di cerchio, con un foro centrale più grande. Sono i segni di una capanna di forma conica, di cui non conosciamo l’epoca della sua costruzione. Più avanti sullo stesso tipo di terreno, osserveremo altri fori allineati in diversa forma.
Proseguendo raggiungiamo il ciglio del burrone. Occorre cercare il punto di discesa, che conosciamo, ma non sappiamo valutare se è più in alto o più in basso rispetto al luogo in ci troviamo.
Proviamo inizialmente ad andare verso monte, ma ci rendiamo subito conto che stiamo salendo verso la sommità della collina, che dalla carta topografica risulta essere Pizzo Don Pietro, m 184. Pertanto fermando la comitiva dei 29 escursionisti, le 3 guide si mettono alla ricerca della fenditura, attraverso la quale su gradini di roccia di può scendere al piano sottostante.
La troviamo, richiamiamo il resto del gruppo e scendiamo per lo stretto passaggio al piano sottostante dove troviamo uno stretto sentiero che presto ci porta ad una breccia su un alto muro di recinzione.
È il passaggio attraverso il quale si passa nell’area della Riserva. Il paesaggio cambia improvvisamente, perché dal terreno prima pietroso e arido (incoltivabile) e poi da quello caratterizzato da cespugli della macchia mediterranea, si entra in una zona umida, molto ricca di vegetazione, ma non curata; solo dei sentieri l’attraversano, fra terebinti e olivastri e piante erbacee.
Ad un bivio, vogliamo curiosare per accertarci se il sentiero che va a dx prosegue in sponda sx del vallone. È così. Pertanto non avendo il tempo, ma anche e soprattutto perché non è quello il momento dell’esplorazione, ritorniamo indietro e riprendiamo il sentiero che porta a lambire la base del grande torrione di roccia denominato Castello di Pietra.
Lo percorriamo, rimanendo affascinati dalla poderosità della formazione rocciosa che espone alla vista pareti di arenaria fortemente erose dall’azione eolica. Il vento asporta granelli di sabbia dalle pareti laterali lasciando intatta la sommità del torrione che diversamente è costituita da rocce carbonatiche.
Avendo percorso tutto il sentiero, invero un po’ scivoloso in alcuni tratti, giungiamo finalmente nella zona di fondovalle e ci troviamo a fare un piccolo guado (c’è pochissima acqua) e passiamo in sponda dx, proprio davanti ad una grande quercia secolare, con uno dei grossi rami squarciato e poggiante sul terreno. Ci troviamo a poche decine di metri dalla confluenza del vallone nel Belice. Ma non abbiamo il tempo per esplorare. Perciò sostiamo brevemente per un veloce spuntino e riprendiamo il cammino in direzione della breccia.
Raggiuntala andiamo a dx per il sentiero che sale in vetta al Castello. Il sentiero è un po’ insidioso perché stretto e per le pietre nascoste dall’erba.
In ogni caso, raggiungiamo presto la vetta e possiamo sostare per il nostro pranzo al sacco. Il terreno è simile a quello dell’andata, carbonatico con delle fessurazioni naturali e con tracce della presenza antropica, come lunghi e stretti solchi dritti. L’area è interessata da vegetazione arborea di fichi, olivastri, ecc.
La vista panoramica è molto interessante. Poco distante, a S e ad E, si vede il Fiume Belice, con la sua serpentina rivelata dalla presenza della vegetazione idrofila. Sulle due sponde terreni ondulati dalla formazione di colline, che sono coltivate principalmente a vigneto e in minor misura ad uliveto. Guardando a NE si osservano le pareti che segnano il bordo orientale di Pizzo Don Pietro e delle Rocche Donna Lucia.
La sosta sarà breve perché cadono alcune gocce di pioggia che ci mettono un po’ d’ansia. Pertanto ripartiamo poco prima delle ore 14. Il ritorno alle macchine avviene 1 ora dopo, poco prima delle ore 15.