Dopo la prima uscita dello scorso 8 gennaio dal sentiero di Sant’Anna, che ha aperto il programma delle escursioni 2023, i soci del Cai di Erice sono tornati a camminare nei percorsi del Monte, questa volta lungo l’itinerario delle “Tre chiese” nel versante orientale, quello rivolto verso il golfo di Bonagia e l’Agroericino.
L’escursione è stata guidata da Mario Torrente, Roberta Zaccarini e Mauro Bannetta e si è snodata lungo un anello di circa 10 chilometri partito da Porta Trapani per immergersi subito nel Bosco delle Mura Elimo-Puniche e nei suoi tanti racconti, che rappresentano sicuramente qualcosa di unico nel trekking ericino, dove la varietà dei paesaggi, dei sentieri e della luce si amalgama con una narrazione dal sapore ancestrale, che permette di tornare indietro nel tempo di millenni. E dove non c’è un preciso spartiacque tra mito e storia. Qui le prospettive si allargano verso l’infinito, spaziando dalla montagna verso il mare. Perchè Erice è al contempo un posto di mare e di montagna.
Di seguito una sintesi del racconto che Mario Torrente, durante l’escursione, ha fatto al gruppo della sezione di Erice del Cai, accompagnato i soci in un viaggio alla scoperta dei tanti segreti e misteri della montagna che fu della dea Venere…
Il cammino per i sentieri di Monte Erice è un’affascinante narrazione tra storia e leggenda, dove la bellezza dei panorami ed il magico contesto del bosco antico si intrecciano con i tanti segreti custoditi montagna che fu della dea Venere. Con i suoi avvolgenti silenzi ed un racconto senza tempo, né dimensione, quello del “Libro di Pietra” che inizia proprio dalle ultramillenarie Mura Elimo Puniche, tra massi megalitici e blocchi più o meno squadrati da dove echeggia il mito dei Ciclopi. Qui, tra le imponenti torri e le porte allineate con i tramonti più importanti dell’anno, le lettere puniche imprese nella pietra ci ricordano che queste Mura hanno occhi per vedere il nemico, bocca per mangiarselo e sono la casa sicura dei suoi abitanti. Questo è il “Monito delle Mura”, quasi un avvertimento ed un avviso che echeggia nei 900 metri di cinta muraria che custodiscono la stessa identità di Erice, che diventò città proprio quando venne alzata questa imponente fortificazione antica almeno 2500 anni. Praticamente quasi coetanea della fondazione di Roma. Ed il cammino per i sentieri del Monte è pieno di riferimenti alla città eterna in virtù delle comuni origini Troiane della stirpe Romana e del popolo Ericino, una discendenza raccontata nell’Eneide di Virgilio e che ancora oggi si può leggere in una grande targa di marmo appesa nella Torre di Porta Carmine.
“Sfogliando” le altre pagine del “Libro di Pietra”, sempre semplicemente camminando per i sentieri ericini, si arriva poi a Porta Spada, il cui nome ci riporta indietro al 1282, alla rivolta del Vespro e all’eccidio degli angioini, che proprio qui vennero passati a fil di spada alla richiesta della parola d’ordine, “ciciro” detta però con pronuncia francese. Poco sotto, un inquietante orma ci narra invece di un diavolo che, secondo uno dei tanti racconti muntisi, venne preso a bastonare da San Cristoforo, che lo cacciò da Erice proprio nei pressi di Porta Spada. Ma in questo angolo della montagna c’è anche la misteriosa struttura chiamata “cimitero ebraico”, proprio sotto le antichissime chiese medievale di Sant’Orsola e Sant’Antonio, per poi proseguire verso la “Fontana du Bambineddru” e scendere alla “Casazza”, dove un tempo c’era la chiesa di San Luca, passando dalle antichissime pavimentazioni che un tempo costituivano la rete viaria del Monte. Ed in alcuni tratti si può vedere ancora il basolato ed il selciato della Scala Soprana e della Scala Sottana, ma anche i “gradoni” delle mulattiere da dove passava il quadro della Madonna di Custonaci durante i trasporti. E durante i cinque secoli di “viaggi” da e per Erice, la cassa con al suo interno il quadro della Vergine con il Bambinello Gesù faceva la sosta nella chiesa di Sant’Ippolito, con la sua Grotta dove si narra che per due anni visse uno dei più importanti papi della chiesa cattolica: papa Gregorio Magno.
Il percorso delle “Tre chiese” passa che da Santa Maria Maggiore, poco sopra San Matteo, e dai ruderi di Santa Maddalena, che ricorda la processione fatta il sabato santo che partiva da Erice per poi scendere da porta Castellammare e arrivare nell’edificio di culto dei Runzi, dove si parla anche di un possibile insediamento arabo e di un sistema di terrazzamenti e canalizzazione delle acque che tanto ricorda le loro ingegnose tecniche. La stessa grotta di San Gregorio potrebbe anche essere stato un luogo di culto islamico, visto che al suo interno gli studiosi hanno individuato un possibile mihrab rivolto a sud-est, quindi in direzione di La Mecca. Tutto questo e tanto altro ancora raccontano i cammini del Monte nel misterioso Libro di Pietra dove ancora ci sono tante pagine da scoprire e raccontare.
I cammini del Monte in questo versante proseguono poi per quello che un tempo era il grande bosco dei Runzi, che fino a pochi decenni fa si estendeva per circa 70 ettari, abbracciando tutto il lato sotto il Castello di Venere fino al lato dei Difali. Era un bosco talmente fitto che veniva chiamato dai muntisi “u broccolo” ma di cui oggi, dopo le devestazioni di decenni di incendi, restano solo pochi alberi plurisecolari che svettano verso il cielo, alcuni dei quali furono piantati dal conte Agostino Pepoli del 1872. E la risalita dei Runzi, tra la Natura che nonostante tutto prova a reagire riprendendosi si suoi spazi e la suggestiva visuale dal basso verso l’alto sulla rocca del Castello di Venere, termina proprio alla Torretta Pepoli, realizzata dall’illustre Conte, un mecenate che ha fatto tanto per Erice, a partire proprio dai primi studi lungo le Mura Elimo Puniche. Fu lui, assieme all’archelogo Salinas, a scoprire le lettere puniche, avviando così le prime campagne di scavo che hanno permesso nel corso degli anni di fare tornare alla luce la parte più antica e monumentale delle fortificazioni di Erice. Uno dei monumenti più antichi e meglio conservati della Sicilia. Da scoprire semplicemente “sfogliando” il “Libro di Pietra” che negli immensi massi megalitici custodisce i tanti segreti e misteri di quella che gli Elimi chiamarono Iruka: mitico luogo del divino. E camminando in questi sentieri la sensazione è proprio di ritrovarsi in un luogo mitico, dove da un momento all’altro potrebbe sbucare la dea dell’amore e della bellezza sotto forma di nebbia che qui i muntisi chiamano proprio “l’abbraccio di Venere”. Se quanto camminate da queste parti incontrate la nebbia, allora vuol dire che la dea è venuta a salutarvi….
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