Una passeggiata tra natura e storia lungo il sentiero delle millenarie mura puniche di Erice. L’iniziativa è stata promossa dal gruppo archeologico Erykinon in occasione dell’inaugurazione della nuova sede nei locali nella struttura pubblica di via Apollonis messi a disposizione dall’amministrazione comunale. Presente per l’occasione anche il sindaco Daniela Toscano, che ha parlato, tra le altre cose, del progetto che punta a valorizzare il percorso che attraversa l’antico bosco di Erice, partendo dalla Matrice per arrivare a Quartiere Spagnolo, passando per porta Carmine e porta Spada. Un itinerario davvero unico, che si snoda praticamente dal centro abitato per i vari versanti della montagna, con panorami mozzafiato sull’Agroericino, il golfo di Bonagiae monte Cofano Ed in occasione dell’inaugurazione della sede dell’associazione, il gruppo archeologico Erykinon ha organizzato un’escursione lungo il sentiero delle mura, passando per gli antichi torrioni, le portelle e le lettere puniche con Nicola Savalli che ha mostrato i tanti angoli tutti da scoprire della cinta muraria, parlando anche dei recenti scavi eseguiti dal professore Salvatore De Vincenzo, della Università degli Studi della Tuscia. Spazio anche alle leggende ericine, con Nello Savalli e Giovanni Barbera che hanno letto ai bambini presentii racconti del “Piede del diavolo” e “la Vendetta di Beretta rossa”. Nel corso della passeggiata il gruppo ha fatto tappa anche nella zona del cosiddetto “cimitero ebraico”, visitando pure le chiese di Sant’Orsola e Sant’Antonio, tra le più antiche di Erice.

Il bosco di Lisciandrini, con la sua gola mozzafiato e le prospettive sul monte Inici ed il mare di Castellammare del Golfo, offre degli spunti per delle passeggiate nella natura davvero uniche. Passando per i silenzi di questo polmone verde al sottofondo del torrente che scorre nella gola per poi sfociare nella baia di Guidaloca, nel mare di Scopello. Ma prima di finire il suo “viaggio” per le campagne della provincia di Trapani questo corso d’acqua attraversa il canyon ai piedi del massiccio, formando le cosiddette “orghe nere”, profonde forre tra le pareti rocciose dove la luce del sole arriva a malapena. Regalando un suggestivo gioco di ombre ed oscurità. Da qui il nome di “orghe nere”. Per raggiungere il torrente bisogna percorrere lo stretto sentiero che dal bosco di Lisciandrini scende nel cuore del vallone, entrando in una autentica oasi naturalistica, immergendosi nel sottofondo del corso d’acqua che scorre tra le rocce, tra piccole cascate e le vasche dove si formano le “orghe nere”. La discesa nel canyon, decisamente emozionante, è caratterizzata da eccezionali prospettive, con meravigliosi panorami dominati dalla montagna di Inici. Un’escursione di quelle che non si dimenticano, ma dove bisogna prestare attenzione, soprattutto nei tratti maggiormente pendenti, procedendo con cautela, meglio se con l’ausilio di bastoncini. Come ovvio, bisogna indossare gli scarponcini da trekking che assicurano maggiore sicurezza e aderenza al terreno. Una volta arrivati a destinazione, si resta letteralmente rapiti dalle bellezza del posto. Un luogo quasi magico, avvolgente, a tratti quasi surreale, con le imponenti pareti rocciose dei due promontori che si incontrano proprio nel letto del corso d’acqua. Il periodo ideale per immergersi in questo piccolo paradiso di pace e tranquillità,  è sicuramente la primavera, dopo le piogge invernali che assicurano una buona portata d’acqua nel torrente. Risalendo invece nel versante Est del promontorio, percorrendo i sentieri del bosco di Lisciandrini, si arriva a pizzo Merio. Nella cima del promontorio si trova anche una piccola immagine della Madonna, la Regina della Pace, immersa nei silenzi di questa piana a 400 metri di altezza. Dove gli unici suoni sono quelli del fruscio degli alberi mossi dal vento. Anche qui i colori ed i panorami regnano sovrani, con le prospettive che a Nord si aprono verso il mare di Scopello, Castellammare del Golfo e le coste palermitane mentre ad Ovest la scena è dominata da Monte Sparagio, la cima più alta della provincia di Trapani con i suoi 1110 metri di altezza. Il lato di Levante è invece chiuso dalla montagna di Inici, che arriva alla quota di 1.064 metri. Una visuale che a Sud si proietta invece verso altri promontori, a partire da Pispisa e Monte Barbaro, con il tempo Segesta e l’area archeologica. Terre, insomma, ricche di storia, mito e fascino. Dove ogni angolo nasconde tesori tutti da scoprire. A volte nel cuore di un gola, dove trova il posto che davvero non ti aspetti. È la Sicilia che non smette mai di incantare ed emozionare.

 

 

Testo, foto e video di Mario Torrente

 

Continuano le escursioni del Cai di Erice nei sentieri del Trapanese. I soci ed i simpatizzanti del Club alpino italiano questa volta hanno fatto tappa nel territorio di Calatafimi, con un trekking davvero particolare che ha regalato un tuffo nei colori della primavera accompagnati dai sapori locali, immergendosi tra le bellezze di un territorio ricco di fascino e storia, tra il famoso tempio di Segesta, con la sua area archeologica sul monte Barbaro, ed il Sacrario di Pianto Romano, monumento eretto a memoria della battaglia di Calatafimi del 15 maggio del 1860 dove sono conservati i resti dei soldati garibaldini e borbonici che si affrontarono proprio in queste zone. Fu qui che Garibaldi pronunciò la celebre frase: “Bixio, qui si fa l’Italia o si muore”. Tra questi due importantissimi siti, il Tempio di Segesta ed il sacrario di Pianto Romano, si trova una vallata caratterizzata da paesaggi di campagna che in primavera regalano un trionfo di colori e odori. Dove la vita dei campi è scanditi dai ritmi di sempre, tra pastorizia ed agricoltura, regalando scorci tutti da scoprire. Passando anche tra i ponti, le gallerie ed i sottopassaggi della vecchia linea ferrata “Salemi-Calatafimi” degli anni Venti. Costeggiando terreni coltivati, agrumeti, frutteti ed orti. E dove, fermandosi in qualche caseificio, è possibile gustare siero e ricotta fresca. Oppure del buon formaggio accompagnato dal miele prodotto in quella vallata, tra le più particolari e suggestive della Sicilia, che offre tanti spunti per dei trekking unici, passando per i boschi di Angimbè e Monte Pispisa, quest’ultimi con i suoi panorami mozzafiato sul tempio di Segesta. O ancora per il vallone della Fusa o addentrandosi nelle campagne di Calatafimi camminando con il sottofondo del torrente Gaggera, passeggiando tra gli aranceti, le viti, gli uliveti ed i campi coltivati ad ortaggi o con alberi da frutto. O ancora ammirando gli scorci su Calatafimi ed il vicino Castello Eufemio. Un mondo davvero tutto da scoprire. Passo dopo passo, respirando l’aria salubre di questi luoghi, che pulsano davvero di antico e mitico, tra le tante leggende e le pagine di storia che sono state scritte proprio qui.

 

(foto e testo Mario Torrente)

Presentato il programma delle escursioni dei Cai di Erice. L’incontro, che si è tenuto nei locali della baita comunale di via Apollinis, la sede ericina della sottosezione del Clup Alpino Italiano, si è aperto con l’intervento del referente Vincenzo Fazio, che ha dato il benvenuto ai soci e simpatizzanti sintetizzando le uscite fatte in questi mesi di attività, dalle varie uscite organizzate in diverse zone del territorio, passando per i 110 chilometri di sentieri dell’Agroericino e per i diversi percorsi dei monti della provincia di Trapani e di Palermo fino ad arrivare nella più lontana delle isole Egadi, a Marettimo, dove si è tenuta una escursione indimenticabile che ha portano la bandiera del Cai fino a pizzo Falcone. Ma Fazio ha parlato anche degli incontri tenuti nella sede di Erice, come i corsi di formazione, e le iniziative per la tutela del patrimonio ambientale della montagna di Erice, dalla giornata ecologica per ripulire il bosco antico all’adesione al Comitato per dire basta agli incendi che la scorsa estate hanno devastato migliaia di ettari tra macchia mediterranea ed alberi. Programma escursioni Cai Erice primavera estateUn tema che ha visto il Cai di Erice avanzare anche delle proposte per prevenire i roghi ricorrendo alle nuove tecnologie.

Il calendario delle escursioni primavera-estate 2018 è stato illustrato da Monica Cassetti, componente del Consiglio direttivo della sottosezione dei Cai di Erice e dei comuni dell’Agroericino. Il primo appuntamento è per domenica 8 aprile, a pizzo Merio, nel territorio di Castellammare del Golfo. Si continuerà domenica 29 aprile a Rocca Busambra mentre il 6 maggio è in programma un trekking nell’isola di Marettimo, con i soci del Cai che faranno tappa nel faro di Punta Libeccio. Le escursioni proseguiranno il 20 maggio a Monte Sparagio ed il 3 giugno nella montagna di Erice, con un percorso ad anello da Bonagia a San Matteo passando dalla grotta di Polifemo. Altra uscita fuori dalla provincia di Trapani sarà nel fine settimana del 15 e 16 giugno nei Megaliti dell’Argimusco, nel Messinese. A luglio è invece in programma un’escursione nelle Riserva Foce del Fiume Belice e dune limitrofe, nel territorio di Castelvetrano. Il programma escursionistico si concluderà con una uscita notturna tra il 14 ed il 15 luglio a monte Grifone, per assistere allo spettacolo pirotecnico del Festino di Santa Rosalia, a Palermo, con il gran finale del sorgere del sole all’alba. Le escursioni sono riservate ai soci del Cai. E nel corso dell’incontro tenuto alla baita comunale del borgo medievale si sono registrare nuove adesioni, con diversi simpatizzanti che hanno deciso di iscriversi alla sottosezione dei Cai di Erice. È possibile tesserarsi per il 2018 (nuove iscrizioni) fino ad ottobre. Per i rinnovi c’è tempo fino al 31 marzo. L’iniziativa nella sede del Cai è proseguita con un momento formativo, a cura della vice reggente del Cai di Erice Angela Savalli, sulla tracciatura digitale con Gps su smartphone per la realizzazione di una mappa informatica tramite Google Earth e Google maps.

Il territorio dell’Agroericino, con i suoi 110 chilometri di sentieri per i promontori ed i boschi del territorio, offre diversi spunti per delle passeggiate nella natura, in scenari di impareggiabile bellezza. Tra le zone più frequentate dagli escursionisti c’è quella di monte Cofano, con una ampia scelta di percorsi. Un itinerario non molto conosciuto, ma che offre spunti per un trekking dal forte impatto paesaggistico, è quello della “Scaletta Maruzza”, lungo un’antica mulattiera con suggestivi scorci sul golfo di Macari, un tempo utilizzata dagli abitanti della zona per i loro spostamenti tra una località e l’altra. Ed a metà strada, in una insenatura nella roccia, si trova anche un piccolo altarino con una statua raffigurante il Sacro Cuore di Gesù, dove è possibile recitare una preghiera leggendo la “Coroncina al Sacro Cuore di Gesù”. Del resto, un po’ tutti i sentieri di Cofano sono contraddistinti dalla presenza di immagini religiose, come le piccole croci che si trovano nei massi lungo il sentiero che porta alla Cappella del Santissimo Crocifisso. O la stessa edicola di San Nicola, un bassorilievo in pietra locale e calce che si affaccia nel litorale Nord, alle pendici di monte Cofano, lungo l’itinerario che collega Cornino con la Torre della Tonnara di Cofano. Segno di quanto queste “stradine” fossero trafficate anticamente. Oggi sono diventate un luogo di quiete e pace, dove immergersi nella natura con il sottofondo della risacca che si infrange sulla scogliera sottostante.
trekking-tra-le-muccheLa mulattiera della “Scaletta Maruzza”, con la sua caratteristica pavimentazione, i muretti ed i gradoni in pietra, permette di raggiungere il golfo di Macari partendo da Baglio Cofano o da Cornino, “tagliando” dal promontorio piuttosto che fare l’itinerario costiero attorno alla montagna. Oggi si presta a delle meravigliose escursioni, in una zona che non è molto battuta, dove è facile imbattersi in mucche al pascolo, passando dal blu del mare al verde delle campagna. Un trekking praticamente alla portata di tutti fatto di salite e discese, ma non superando mai i 250 metri di quota. I punti di partenza sono tre: o dal Tuono, alla fine del litorale del Golfo di Macari; o dal Baglio Cofano, percorrendo la strada della zona industriale di Custonaci; o dalla Baia di Cornino, prima dell’ingresso ufficiale della Riserva, salendo praticamente lungo la strada che porta alla Grotta Mangiapane ma proseguendo dritto lungo il sentiero che passa per una vecchia cava dismessa per raggiungere, attraverso una bella salita con lo sfondo del golfo di Bonagia, la “sella”, dove si trova gorgo Cofano, una fossa circolare in inverno piena di acqua piovana, regno di piccoli crostacei e rane. Nella zona ci sono anche delle sorgenti d’acqua dolce, il più grande dei quali si chiama “Pozzo della rocca”, con al suo interno anche dei pesci rossi. La “sella” è un punto di snodo. Da qui è infatti possibile imboccare tre sentieri: quello che sale a pizzo Cofano, sulla cima della montagna a 659 metri di altezza; il percorso che porta alla Torre della Tonnara e l’itinerario, località molto frequentata dai bagnanti durante l’estate, caratterizzato da un mare limpido e pulito; infine c’è il sentiero della “Scaletta Maruzza”, che scende lungo la mulattiera che arriva alla costa del Golfo di Macari. Naturalmente questo viottolo si può fare anche al contrario, in salita, meglio se di mattina presto, con il sole ancora basso che illumina la rocca del Tuono, regalando delle particolari tonalità rossastre.

 

 

(foto e testo di Mario Torrente)

 

La sottosezione del Cai di Erice ha aperto le escursione del 2018 con un primo appuntamento davvero suggestivo nell’area archeologica del Parco di Segesta, con un percorso attorno a Monte Barbaro, un massiccio calcareo di 423 metri da cui si dominava tutto il territorio circostante. Il percorso, nelle terre che furono degli elimi, si è snodato per un tratto iniziare di tre chilometri in direzione est verso il Santuario di contrada Mango, datato tra il VI-V sec. a.C.: si tratta un antichissimo sito archeologico dove si possono osservare le tracce del témenos, un recinto sacro di 47 per 83 metri dove sono ancora evidenti i muri monumentali. All’interno dell’area si trovano i resti di edifici sacri rinvenuti nel corso di recenti scavi: rocchi di colonna, triglifi, capitelli dorici. E’ un posto davvero particolare, avvolto nei silenzi e lontano dal frastuono della città, avvolto dalla natura e con un paesaggio che guarda all’entroterra della provincia di Trapani. Qui ogni pietra pulsa storia e si riesce a cogliere davvero il senso dell’antichità racchiuso in questo grande perimetro, di probabile origine elima. Risalendo il versante sud-ovest gli escursionisti hanno continuato per circa un chilometro lungo l’antico sentiero che si apre lentamente sul vallone della Fusa, che separa Monte Barbaro da Monte Pispisa, sicuramente uno dei tratti più suggestivi di questa escursione autenticamente tra natura e storia, con panorami davvero mozzafiato a strapiombo sul letto del torrente culminate con le prospettive sul lato Sud Est del tempio dorico del V sec. a.C. La risalita verso la cima di monte Barbaro è andata avanti fino al Teatro della metà del II sec. a.C. con la sua apertura verso monte Inici ed il panorama circostante tra il territorio della provincia di Trapani e quello del Palermitano. Il gruppo si è quindi diretto verso il tempio, concludendo la visita tra le maestose colonne dell’antichissimo monumento.

 

(foto Mario Torrente)

Il punto è decisamente suggestivo, a metà strada tra Bonagia ed Erice, “sospeso” tra il blu del mare dominato monte Cofano ed i colori dell’Agroericino che proiettano lo sguardo verso l’entroterra ed i promontori del Trapanese. Qui la bellezza regna sovrana. Non può essere altrimenti. Questa, del resto, è la montagna che fu della dea Venere. Siamo a San Matteo, lungo il versante Nord di Monte Erice, poco sopra il borgo marinaro di Bonagia, da dove parte il “viaggio” verso l’area del Demanio Forestale, che si può raggiungere attraverso due sentieri: il primo, più breve, parte da “loco secco”, la parte alta del centro abitato, che permette di arrivare a San Matteo dopo poco meno di tre quarti d’ora di cammino attraverso un viottolo che risale il costone roccioso, regalando prospettive davvero uniche sul litorale valdericino fino ad arrivare a monte Cofano. Il contesto è davvero particolare, molto panoramico, con una risalita che offre una autentica “full immersion” nella natura, tra essenze arboree, fiori e vari tipi di piante che in primavera regalano un autentico trionfo di colori e odori. Il secondo percorso per gli appassionati di trekking passa invece dalla strada Visconti, da cui si accede nei pressi di Sant’Andrea alta, dal cancello che segna l’inizio della zona demaniale. Questo sentiero  è decisamente più largo rispetto al primo ma meno in pendenza e quindi più “dolce” da affrontare. Il tempo di percorrenza per arrivare a San Matteo è di circa un’ora e mezza. Naturalmente tutto dipende dal tipo marcia e dalle soste che saranno fatte. Impossibile non fermarsi per fare qualche foto.


IL TREKKING TRA I SENTIERI DELL’AREA DEMANIALE

Il sentiero Visconti si immette praticamente nella strada principale che attraversa l’intera area demaniale dai due ingressi ufficiali, quelli da dove è possibile entrare con le auto: dal lato Fontanarossa, lungo la strada che collega Trapani ed Erice, e dalla provinciale che da Valderice porta al borgo medievale della vetta attraverso i caratteristici tornanti dove ogni anno si disputa la prestigiosa cronoscalata della “Monte Erice”. Tra l’altro, proprio ad inizio della strada sterrata, parte il sentiero Cai 602 che arriva ad Erice, passando dalle chiesette rupestri di Santa Maria Maggiore e Sant’Ippolito ed arrivando al Quartiere Spagnolo attraverso la mulattiera che passa da ciò che resta dell’antica Porta Castellammare. Un tempo la via di collegamento dell’antico centro abitato di Monte San Giuliano con il resto dell’Agroericino. Le indicazioni del Cai accompagnano gli escursionisti per tutto il tragitto per l’area di San Matteo, con le tabelle del sentiero 604 che permettono di raggiungere facilmente le varie zone, immergendosi nei silenzi di un meraviglioso bosco di alberi di pino, conifere ed eucalipti. Un viaggio che parte dal mare della Tonnara di Bonagia, passando da San Matteo per risalire tutta la montana di Erice per arrivare nell’incantevole borgo medievale ad oltre settecento metri di altezza. Un trekking caratterizzato dalla grande varietà di paesaggi e “tuffi” nella natura.


IL SENTIERI CAI 604 E GLI ALTRI PERCORSI

Dall’ingresso per San Matteo dal lato Valderice, da dove parte il sentiero Cai 604, si può accedere anche con le auto, anche se le strada è po’ insidiosa per i mezzi a causa delle condizioni dello sterrato e per la forte pendenza che può dare problemi soprattutto in salita. Le automobili possono invece entrare facilmente dal cancello di Fontanarossa, arrivando direttamente al museo agroforestale e quindi anche l’area attrezzata dove ci sono panchine e tavoli da pic-nic dove gli escursionisti possono sostare comodamente. In questo meraviglioso punto panoramico, che si affaccia sul golfo di Bonagia con un effetto “veranda sul mare” davvero mozzafiato, si trova anche una antica chiesetta con vicino ciò che resta di un oratorio paleocristiano. In realtà è possibile raggiungere questo punto, quello più alto dell’intera area gestita all’Azienda Regionale Foreste Demaniali, attraverso un terzo sentiero che parte dalla grotta di Polifemo, proprio sopra contrada Emiliana, tra Pizzolungo e Bonagia. Da qui si snoda un percorso che risale lungo il versante della montagna di Erice che guarda verso Trapani e la piana di Pizzolungo, portando alla chiesetta di San Matteo ed al vicino museo agroforestale, sicuramente due siti da visitare assolutamente nel corso dell’escursione alla scoperta di questa parte del Monte così ricca di fascino e storia.


IL MUSEO AGROFORESTALE

Il museo agroforestale di San Matteo è allestito nei locali del Baglio Cusenza, nei pressi dell’ingresso di Fontanarossa. Al suo interno si trovano uccelli e mammiferi imbalsamati provenienti da donazioni, rettili conservati in formalina, nidi di uccelli, sezioni di tronchi di alberi, piante forestali e funghi essiccati. Un vera e propria carrellata sul patrimonio naturalistico della provincia. E non solo. Il museo ospita infatti anche una sezione con reperti di interessi etnografico che raccontano la storia delle genti che hanno vissuto nelle campagne dell’Agroericino e lungo i vari versanti del monte, portando avanti le loro attività incentrate sull’agricoltura e la pastorizia, come la pietra mola per la macinazione della farina che si trova nel cortile interno del baglio Cusenza. In esposizione ci sono diversi attrezzi provenienti da un oleificio, una carriola in legno ed alcuni tipi di vomere. Varcata la porta si nota subito un tipico carretto siciliano completo di addobbi ed antichissime coffe. Ed ancora antichi utensili, anche domestici, bilance, macchine per cucire, un grande aratro e strumenti per il lavoro nei campi. Sembra davvero di ritrovarsi nella Sicilia d’un tempo, con tutti quei pezzi in mostra pronti a raccontare le tante storie di quella vita fatta di lavoro nei campi, pastorizia e tradizioni tramandante generazione dopo generazione.


LA CHIESETTA DI SAN MATTEO

Vicino il museo agroforestale si trova la chiesetta di San Matteo ed i ruderi di un oratorio paleocristiano risalenti, si presume, tra il sesto ed il settimo secolo. Siamo sopra il pianoro che si affaccia su Bonagia. Da qui si può godere di uno dei panorami più belli sull’Agroericino. La sensazione è di ritrovarsi in un luogo senza tempo, con la piccola chiesa, risalente al XIV secolo, che diventa un tutt’uno col paesaggio circostante, catapultando i visitatori in pieno medioevo. Aprendo la piccola porta in pietra si resta letteralmente avvolti dal fascino di queste mura antichissime. Che racchiudono secoli di storia e preghiere. Un luogo di culto dove tutto è racchiuso nella semplicità delle cose, con il suo altare, il tetto spiovente in legno e quel poco che resta degli affreschi che un tempo ne adornavano le pareti. A sinistra dell’altare si trova un vecchio crocifisso in legno. A destra un’immagine di papa Giovanni Paolo II. Entrando,  a destra, dal muro sporge una acquasantiera in pietra. Chissà quante mani vi si sono immerse in cerca di protezione e benedizione.


ALLEVAMENTO ASINO PANTESCO

Passeggiare per il bosco di San Matteo permettere di entrare a contatto con la natura, respirando l’aria salubre di questo polmone verde, uno degli ultimi rimasti nella montagna di Erice. Ambiente che va anche al galoppo dei meravigliosi cavalli che qui si possono incontrare. Qualche esemplare è lasciato anche libero all’intero dell’area demaniale. Ma il loro nitrito non è l’unico suono che ogni tanto rompe il silenzio di questa oasi di pace. È più probabile sentire ragliare asini panteschi che vivono qui. È la prima cosa che i visitatori vedono, oltre ai panorami mozzafiato,  appena arrivano a San Matteo da Bonagia o da Valderice percorrendo il sentiero Cai 604. L’allevamento degli asini panteschi è una tappa obbligata. Si tratta della razza più antica presente in Italia, salvata dall’estinzione grazie ad un progetto dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana partito nel 1989. Il destino di questi stupendi esemplari, dal muso, il ventre ed il contorno degli occhi bianco, sembrava davvero già segnato. Ormai erano prossimi a scomparire. Per salvare la razza pantesca iniziò una ricerca per tutta la Sicilia. Furono esaminati circa 200 esemplari ma solo nove vennero selezionati, in quanto ritenuti con buona percentuale di “sangue pantesco”. Il gruppo era composto da tre maschi e sei femmine, che vennero fatti accoppiare in modo mirato: così, nel 1994, nacquero i primi quattro asinelli. Per incrementare le nascite venne anche applicata una tecnica innovativa, l’embryo transfer, impiantando più embrioni di una stessa asina in fattrici di altra razza, che fungevano così da incubatrici. Ciò permise agli asini di San Matteo di andare aumentando sempre più di numero negli anni. Il rischio estinzione fu così scongiurato. Oggi l’allevamento di San Matteo conta molti esemplari che soddisfano gli standard della razza, tutti elencanti al “Registro anagrafico delle razze equine”.


(testo e foto di Mario Torrente)

È sicuramente una delle escursioni più affascinanti da fare nell’Agroericino. La risalita verso la cima di Monte Monaco, percorrendo il sentiero Cai 609, apre delle prospettive uniche su San Vito lo Capo ed il suo mare, con panorami mozzafiato da un lato sul Golfo di Macari, dall’altro sulla costa che porta alla Riserva dello Zingaro. Una veduta che ad Ovest è chiusa da Monte Cofano e della montagna di Erice, mentre a Sud la vista panoramica è tutta per i promontori trapanesi, a partire dalla dorsale di Monte Speziale e dall’imponenza di Monte Sparagio, la vetta più alta della provincia di Trapani con i suoi 1180 metri. Ad Est ci sono invece i monti del Palermitano ed il Golfo di Castellammare. Insomma, un panorama con scorci bellissimi praticamente a 360 gradi. L’escursione per Monte Monaco, caratterizzato davvero da paesaggi molto suggestivi, si snoda lungo tre sentieri Cai percorribili ad anello, il “609 a”, il “609 b” ed il “609 c”; quest’ultimo  parte da Cala Firriato, lungo la strada che collega San Vito allo Zingaro. Il sentiero “609 a” inizia invece nei pressi del centro abitato di San Vito lo Capo e risale lungo il versante Est per circa tre chilometri, arrivando, dopo essere passati dalla vecchia cava, ormai in disuso, “Rosso San Vito”, alla cima di monte Monaco, a 528 metri di altezza, dove si trova una croce rivolta verso la baia di San Vito lo Capo, messa in quel punto a protezione del centro abitato. Un luogo sicuramente molto suggestivo, dove si intrecciano diverse prospettive ed il blu del mare incontra i colori del litorale e dei promontori. Un trekking, dunque, tra bellezze paesaggistiche, natura e fede,dove si possono toccare con mano le attività e le tradizioni della comunità sanvitese. Scendendo, e volendo fare l’itinerario ad anello percorrendo, si può percorrere il sentiero in direzione Est, che termina a Cala Firriato, da dove è possibile rientrare a San Vito lo Capo percorrendo un itinerario complessivo lungo quasi nove chilometri, per un dislivello di 487 metri ed un tempo di percorrenza stimato di circa due ore e mezza.

(foto Mario Torrente)

Monte Cofano è sicuramente una delle montagne più belle e affascinanti della provincia di Trapani, che offre diversi spunti per delle passeggiate nella natura con panorami mozzafiato sul blu del mare. Un contesto unico, carico di storia, tradizione e bellezze paesaggistiche, con quelle rocce a forma di lama che si impennano verso il cielo. Passeggiare tra questi sentieri offre delle emozioni uniche, a partire dal percorso costiero, quello più alla portata di tutti e di più facile approccio. L’itinerario, che ricade all’interno della Riserva naturale orientata di Monte Cofano, costeggia il versante Nord della montagna, affacciandosi sul mar Tirreno e passando per punti davvero particolari, come la Torre di San Giovanni e la Grotta del Crocifisso per arrivare alla Tonnara di Cofano, con le sue caratteristiche pareti concave che servivano a fare rimbalzare le palle dei cannoni durante gli attacchi. Per decenni fu una delle più importanti tonnare della zona. Ancora oggi, nel piccolo villaggio di pescatori, si vede la struttura della darsena dove un tempo venivano tirati in secco i vascelli utilizzati per calare le reti e arpionare i tonni nella “camera della morte”. È uno dei più bei posti della zona da dove andare a vedere le albe, col sole che sorge da Levante illuminando le acque del golfo di Macari in un gioco di luci e riflessi imperdibile. Il lato che si affaccia su Bonagia ed Erice è invece quello dei tramonti, con il sole che saluta le terre dell’Agroericino “immergendosi” sulla linea dell’orizzonte del mare in un emozionate trionfo di colori e sfumature. Assolutamente da vedere!

Il percorso inizia a Cornino, nota località balneare del Comune Custonaci, che si affaccia sul golfo di Bonagia. Sullo sfondo c’è Monte Erice, con il suo borgo medievale e le leggende che riecheggiano i miti di Venere, la dea dell’amore e della bellezza. Siamo a pochi metri dal mare. Il percorso costiero ad anello attorno a Cofano, lungo poco più di otto chilometri con un dislivello di circa 240 metri, inizia a pochi metri dal mare, con il sottofondo della risacca che accompagnerà gli escursionisti per tutto il tragitto, soprattutto nelle giornate di Maestrale, quando le onde si infrangono con forza sulla scogliera sottostante. Il tratto più suggestivo è sicuramente quello che dalla Torre di San Giovanni va verso la Grotta del Crocifisso,  lasciandosi alle spalle il golfo di Bonagia per iniziare ad intravedere quello di Cofano. Qui l’itinerario si carica di silenzi e carica interiore, con da un lato le cime della montagna che svettano verso il cielo, dall’altro gli strapiombi verso il mare. Il tutto in un trionfo di colori e scorci da fotografare in ogni angolo. L’itinerario continua verso la Torre della Tonnara di Cofano per poi riprendere la salita verso gorgo Cofano e la “sella” del promontorio, a circa 250 metri di altezza. Da questo punto si può scendere verso Cornino, tornando quindi al punto di partenza, oppure iniziate la scalata verso la cima di Cofano, a 659 metri di altezza. Percorso decisamente più impegnativo rispetto all’itinerario costiero. Ma molto affascinante e stimolante per gli amanti delle scarpinate. Insomma, passeggiando per i sentieri della Riserva di Monte Cofano è possibile fare il giro del perimetro di questa stupenda e maestosa montagna, potendo anche risalire fino alla cima, da dove si può godere di un panorama davvero mozzafiato sul golfo di Bonagia, che già e metà percorso prende la forma di un grande cuore blu. Forse una delle vedute tra le più belle e suggestive della Sicilia.

 

 

(Foto e testo di Mario Torrente)

Continuano le escursioni della sottosezione del Cai di Erice. Un gruppo di oltre 50 persone ha visitato bosco Scorace, nel territorio di Buseto Palizzolo, percorrendone i sentieri in un itinerario ad anello partito dal capanno dei custodi dall’area attrezzata che si trova lungo la sp 57, per risalire il promontorio fino all’altezza di 564 metri. Gli escursionisti hanno così iniziato la loro passeggiata in questo bellissimo “polmone verde”, che si estende su un’area di quasi 750 ettari di proprietà del demanio della Regione Siciliana. Prima di immettersi in marcia il gruppo è stato accolto dal referente della sottosezione Cai di Erice e dell’Agroericino Vincenzo Fazio, che dopo avere dato il benvenuto ai soci e simpatizzanti e presentato il percorso, ha passato la parola ad Antonino Giacalone, del gruppo Micologico “T.Pocoroba” che ha accompagnato gli escursionisti spiegando loro le caratteristiche della vegetazione, a partire dai diversi tipi di alberi che si trovano nel bosco, le piante ed i funghi che vi crescono: prataioli, mazze di tamburo, finferli, russule, lattari ed il famoso porcino nero di Scorace. E l’autunno, con l’arrivo delle prime piogge, è proprio il tempo della raccolta dei funghi e del trionfo dei loro sapori in questo angolo dell’Agroericino, un territorio che ancora conserva tradizioni e la gastronomia legata ai prodotti della terra. Tant’è che Buseto Palizzolo è soprannominata la “città dei funghi”.

Nei primi due chilometri il percorso si è snodato verso la parte più alta del promontorio, attraversando anche un sentiero in una zona particolarmente suggestiva del bosco.  Un vero e proprio tuffo nella natura, tra querce, cipressi, lecci, sugheri, pini ed eucalipti in un sottobosco dove si è sviluppata una rigogliosa macchia mediterranea dove si possono cogliere le essenze di erbe aromatiche. Qui abbona il cisto, ma anche l’erica. Tra gli arbusti presenti ci sono il biancospino, il mirtillo, i rovi, con le loro squisite more, il prugnolo ed il corbezzolo, con i suoi frutti policromi, piccole bacche commestibili e gradevoli al palato. Sono sicuramente da assaggiare quelli più rossi e morbidi, che hanno effetti diuretici e abbassano la pressione. A bosco Scorace crescono anche le ginestre, il mirto ed il pungitopo, una pianta cespugliosa sempreverde, alta dai trenta agli ottanta centimetri, spesso utilizzata come decorazione natalizia per le sue tipiche bacche rosse che maturano proprio in inverno. In questa grande area verde si trova un sottobosco dallo straordinario valore botanico, dove vivono tanti piccoli mammiferi, come la lepre, il coniglio e l’istrice, oltre le numerose specie di uccelli, tra cui anche i rapaci, come la poiana. Insomma, si tratta di una vera e propria oasi naturalistica, dove è possibile concedersi delle passeggiate uniche in un contesto di quiete o semplicemente rilassarsi circondati dalla natura, magari facendo un pic-nic nella zona attrezzata con tavoli, panche e punti per il barbecue. Un luogo ideale dove fare un’escursione o una semplice gita fuori porta per respirare un po’ di aria pura in un contesto magico. Per gli amanti del trekking senza ombra di dubbio un percorso da provare, addentrandosi nella fitta reste di sentieri, tra piccoli ponti e staccionate ben curate dal personale della Forestale, che portano fino alla cima del promontorio, a 646 metri di altezza, da dove si apre un panorama maestoso sull’agroericino e sul comprensorio trapanese, a partire da Bruca, caratteristica frazione di Buseto Palizzolo, Segesta, con il suo tempio e l’antico anfiteatro. E ancora con la vista su Montagna Grande, Monte Inici ed il paesaggio rurale dell’entroterra, con le sue collinette, i campi seminati, gli uliveti ed i vigneti. Una vista che, dalla “cornice” verde di bosco Scorace, assume dei colori e delle prospettive ancora più cariche di significato.

 

 

(foto e testo di Mario Torrente)