Una risalita lungo il versante Nord occidentale della montagna di Erice passando dal sole di Martogna alla nebbia del borgo medievale. “L’abbraccio di Venere” che ha reso ancora più suggestiva l’escursione dei soci Cai tra le stradine acciottolate ed i sentieri del bosco della vetta. È stata davvero una giornata carica di emozioni e scorci mozzafiato su Trapani ed il mare delle Egadi. Il tutto condito dalle tante storie arrivate dal passato che hanno accompagnato il gruppo alla scoperta degli angoli più suggestivi del monte. La giornata di trekking per i soci ed i simpatizzanti del Cai di Erice è partita dall’area demaniale di Martogna, percorrendo inizialmente i sentieri del bosco di questo polmone ad un tiro di schioppo dal centro urbano di Trapani, immergendosi nei profumi della pineta e della macchia mediterranea del posto. Dopo essere passati dal recinto dei pony e degli asinelli il gruppo ha iniziato la risalita lungo il versante ovest della montagna, in direzione “Castellazzo”, un promontorio che domina Trapani ed il litorale di San Cusumano, per poi percorrere un reticolo di mulattiere e strade sterrate che un tempo collegavano Erice con il territorio della valle. Alcuni itinerari sono molto antichi, tant’è che è rimasto il soprannome di “vecchia strada romana” nel tratto che passa sopra Martogna dirigendosi verso pizzo Argenteria e la vetta del Monte. Secondo la tradizione in questo versante della montagna dal 249 al 241, durante le guerre puniche, si sono combattuti Romani e Cartaginesi. Uno scontro che dopo la battaglia delle Egadi vide affermare il dominio dei Romani sul mar Mediterraneo. Proseguendo la risalita lungo il lato Nord-Est della montagna il gruppo è arrivato nei pressi della torretta di San Nicola, per poi addentrarsi in una zona alberata fino al sentiero Cai 601 di Sant’Anna, dove il cammino è proseguiti verso il centro storico di Erice per arrivare, dopo essersi addentrati in una lecceta, fino a porta Trapani, l’ingresso del borgo medievale. Dopo una immancabile sosta per assaggiare le tipiche genovesi ed i dolci della tradizione conventuale ericina, gli escursionisti si sono diretti verso la sede del Cai di Erice di via Apollonis, percorrendo le vie acciottolate del borgo avvolte dalla nebbia. In una atmosfera a tratti quasi surreale. Ad accogliere il gruppo nella baita comunale il referente della sottosezione del Cai di Erice e dei Comuni dell’Agroericino Vincenzo Fazio, che ha riscaldato i partecipanti alla giornata di trekking offrendo del buon vino. E dopo il pranzo a sacco una raffinata grappa. Come sempre non sono mancati i momenti di condivisione del cibo e delle bevande. L’escursione è quindi ripresa scendendo verso il quartiere Spagnolo, per poi immergersi nei silenzi dell’antico bosco, passando da sotto le chiese di Sant’Antonio e Sant’Orsola per poi risalire verso il “piede dei diavolo”. Luoghi pieni di fascino, tra tante storie e leggende. Il tutto nel magico contesto del bosco avvolto dalla nebbia. Il che ha reso ogni scorcio particolarmente surreale. Da porta Spada l’itinerario è proseguito, lasciandosi alle spalle la chiesa medievale di Sant’Orsola, dalla via dell’Addolorata e successivamente dal sentiero che costeggia le millenarie mura elimo-puniche, passando dalle portielle, dalle lettere puniche e dai torrioni che un tempo presidiavano il centro abitato ericino. Da porta Carmine il gruppo si è diretto, sempre costeggiando la cinta muraria, verso la Matrice di Erice e da qui a porta Trapani per iniziare la discesa verso Martogna dal sentiero Cai 601. La parte finale dell’escursione è stata salutata da un tramonto da incanto sul mare delle isole Egadi, con il sole che ha salutato il gruppo del Cai di Erice lasciando nel cielo delle autentiche pennellate di arancione e glicine. Dopo avere superato il convento di Sant’Anna, che si erge su pizzo Argenteria, gli escursionisti hanno quindi fatto rientro a Martogna, con un bilancio di fine escursione niente male: circa tredici chilometri con un dislivello di circa 650 metri ed un tempo di percorrenza di poco più di sei ore. Con il gruppo che è sempre rimasto compatto e senza eccessivi sfilacciamenti. Se non per le fisiologiche soste fotografiche. Impossibile non scattare foto davanti a panorami così belli e suggestivi.

Testo a cura di Mario Torrente

Foto di Fabio Mario

 

 

L’appuntamento è di quelli da non perdere e si rinnova ogni anno nei giorni del solstizio d’estate. Il 21 giugno il sole, tramontando, riesce a supera di poco lo sperone roccioso che divide Bonagia da Pizzolungo, illuminando, con i suoi raggi, la grotta di Polifemo, lungo il versante Nord della montagna di Erice, poco sopra le abitazioni di contrada Emiliana. Qui, a poco più di 50 metri dal livello del mare, ancora oggi si possono ammirare due antichissimi pittogrammi, datati dagli studiosi attorno al tre mila avanti Cristo. Uno spettacolo di luce a cui si può assistere solo nei giorni più lunghi dell’anno, quando l’astro raggiunge la sua massima altezza.

La zona si raggiunge facilmente percorrendo il breve sentiero che dalla fine della strada di contrada Emiliana arriva fino alle grotte che dominano questo versante del litorale di Bonagia, subito dopo le curve del nono chilometro. Un punto “strategico” per gli amanti del trekking, visto che da qui è possibile risalire un suggestivo sentiero che si affaccia su Pizzolungo e sulla città di Trapani, arrivando fino all’area demaniale di San Matteo, con il suo bosco, l’allevamento dell’asino pantesco ed il percorso che porta dritto dritto fino al borgo medievale di Erice, ad oltre settecento metri di altezza, passando per le antiche chiese rupestri e le millenarie mura elimo-puniche.

Un itinerario davvero suggestivo, che parte proprio dalla grotta Emilana, la più grande delle due caverne che sovrastano questa contrada del territorio ericino. La più piccola, chiamata grotta di Polifemo, è quella che si illumina nei giorni del solstizio d’estate, con i raggi del sole che arrivano fino ai due pittogrammi in ocra rossa: quello che secondo gli studiosi ricorda un labirinto a sei volte che rappresenterebbe il ciclo del sole nei (sei) mesi che vanno da un solstizio all’altro, ed una figura antropomorfa che probabilmente si ricollegherebbe al culto della grande dea madre. Due immagini antiche cinque mila anni che evocano antichi riti legati al ciclo del sole e quindi all’alternarsi delle stagioni, richiamando anche i temi della fertilità e della fecondità. Evocando culti che affondano le loro origini nella notte dei tempi.

Ed in occasione del solstizio d’estate nella grotta di Polifemo si è tenuta una suggestiva celebrazione durare il tramonto del sole, nel giorno più lungo dell’anno, organizzata dall’associazione Oasi Zen. Un momento davvero carico di spiritualità, in un’atmosfera quasi surreale, resa ancora più magica dal suono dell’arpa celtica e dal rintocco della campana tibetana per salutare l’allineamento tra l’astro e gli antichi pittogrammi. Rinnovando così la magia al tramonto del solstizio dalla grotta di Polifemo.

 

 

(testo e foto di Mario Torrente)

Il punto è decisamente suggestivo, a metà strada tra Bonagia ed Erice, “sospeso” tra il blu del mare dominato monte Cofano ed i colori dell’Agroericino che proiettano lo sguardo verso l’entroterra ed i promontori del Trapanese. Qui la bellezza regna sovrana. Non può essere altrimenti. Questa, del resto, è la montagna che fu della dea Venere. Siamo a San Matteo, lungo il versante Nord di Monte Erice, poco sopra il borgo marinaro di Bonagia, da dove parte il “viaggio” verso l’area del Demanio Forestale, che si può raggiungere attraverso due sentieri: il primo, più breve, parte da “loco secco”, la parte alta del centro abitato, che permette di arrivare a San Matteo dopo poco meno di tre quarti d’ora di cammino attraverso un viottolo che risale il costone roccioso, regalando prospettive davvero uniche sul litorale valdericino fino ad arrivare a monte Cofano. Il contesto è davvero particolare, molto panoramico, con una risalita che offre una autentica “full immersion” nella natura, tra essenze arboree, fiori e vari tipi di piante che in primavera regalano un autentico trionfo di colori e odori. Il secondo percorso per gli appassionati di trekking passa invece dalla strada Visconti, da cui si accede nei pressi di Sant’Andrea alta, dal cancello che segna l’inizio della zona demaniale. Questo sentiero  è decisamente più largo rispetto al primo ma meno in pendenza e quindi più “dolce” da affrontare. Il tempo di percorrenza per arrivare a San Matteo è di circa un’ora e mezza. Naturalmente tutto dipende dal tipo marcia e dalle soste che saranno fatte. Impossibile non fermarsi per fare qualche foto.


IL TREKKING TRA I SENTIERI DELL’AREA DEMANIALE

Il sentiero Visconti si immette praticamente nella strada principale che attraversa l’intera area demaniale dai due ingressi ufficiali, quelli da dove è possibile entrare con le auto: dal lato Fontanarossa, lungo la strada che collega Trapani ed Erice, e dalla provinciale che da Valderice porta al borgo medievale della vetta attraverso i caratteristici tornanti dove ogni anno si disputa la prestigiosa cronoscalata della “Monte Erice”. Tra l’altro, proprio ad inizio della strada sterrata, parte il sentiero Cai 602 che arriva ad Erice, passando dalle chiesette rupestri di Santa Maria Maggiore e Sant’Ippolito ed arrivando al Quartiere Spagnolo attraverso la mulattiera che passa da ciò che resta dell’antica Porta Castellammare. Un tempo la via di collegamento dell’antico centro abitato di Monte San Giuliano con il resto dell’Agroericino. Le indicazioni del Cai accompagnano gli escursionisti per tutto il tragitto per l’area di San Matteo, con le tabelle del sentiero 604 che permettono di raggiungere facilmente le varie zone, immergendosi nei silenzi di un meraviglioso bosco di alberi di pino, conifere ed eucalipti. Un viaggio che parte dal mare della Tonnara di Bonagia, passando da San Matteo per risalire tutta la montana di Erice per arrivare nell’incantevole borgo medievale ad oltre settecento metri di altezza. Un trekking caratterizzato dalla grande varietà di paesaggi e “tuffi” nella natura.


IL SENTIERI CAI 604 E GLI ALTRI PERCORSI

Dall’ingresso per San Matteo dal lato Valderice, da dove parte il sentiero Cai 604, si può accedere anche con le auto, anche se le strada è po’ insidiosa per i mezzi a causa delle condizioni dello sterrato e per la forte pendenza che può dare problemi soprattutto in salita. Le automobili possono invece entrare facilmente dal cancello di Fontanarossa, arrivando direttamente al museo agroforestale e quindi anche l’area attrezzata dove ci sono panchine e tavoli da pic-nic dove gli escursionisti possono sostare comodamente. In questo meraviglioso punto panoramico, che si affaccia sul golfo di Bonagia con un effetto “veranda sul mare” davvero mozzafiato, si trova anche una antica chiesetta con vicino ciò che resta di un oratorio paleocristiano. In realtà è possibile raggiungere questo punto, quello più alto dell’intera area gestita all’Azienda Regionale Foreste Demaniali, attraverso un terzo sentiero che parte dalla grotta di Polifemo, proprio sopra contrada Emiliana, tra Pizzolungo e Bonagia. Da qui si snoda un percorso che risale lungo il versante della montagna di Erice che guarda verso Trapani e la piana di Pizzolungo, portando alla chiesetta di San Matteo ed al vicino museo agroforestale, sicuramente due siti da visitare assolutamente nel corso dell’escursione alla scoperta di questa parte del Monte così ricca di fascino e storia.


IL MUSEO AGROFORESTALE

Il museo agroforestale di San Matteo è allestito nei locali del Baglio Cusenza, nei pressi dell’ingresso di Fontanarossa. Al suo interno si trovano uccelli e mammiferi imbalsamati provenienti da donazioni, rettili conservati in formalina, nidi di uccelli, sezioni di tronchi di alberi, piante forestali e funghi essiccati. Un vera e propria carrellata sul patrimonio naturalistico della provincia. E non solo. Il museo ospita infatti anche una sezione con reperti di interessi etnografico che raccontano la storia delle genti che hanno vissuto nelle campagne dell’Agroericino e lungo i vari versanti del monte, portando avanti le loro attività incentrate sull’agricoltura e la pastorizia, come la pietra mola per la macinazione della farina che si trova nel cortile interno del baglio Cusenza. In esposizione ci sono diversi attrezzi provenienti da un oleificio, una carriola in legno ed alcuni tipi di vomere. Varcata la porta si nota subito un tipico carretto siciliano completo di addobbi ed antichissime coffe. Ed ancora antichi utensili, anche domestici, bilance, macchine per cucire, un grande aratro e strumenti per il lavoro nei campi. Sembra davvero di ritrovarsi nella Sicilia d’un tempo, con tutti quei pezzi in mostra pronti a raccontare le tante storie di quella vita fatta di lavoro nei campi, pastorizia e tradizioni tramandante generazione dopo generazione.


LA CHIESETTA DI SAN MATTEO

Vicino il museo agroforestale si trova la chiesetta di San Matteo ed i ruderi di un oratorio paleocristiano risalenti, si presume, tra il sesto ed il settimo secolo. Siamo sopra il pianoro che si affaccia su Bonagia. Da qui si può godere di uno dei panorami più belli sull’Agroericino. La sensazione è di ritrovarsi in un luogo senza tempo, con la piccola chiesa, risalente al XIV secolo, che diventa un tutt’uno col paesaggio circostante, catapultando i visitatori in pieno medioevo. Aprendo la piccola porta in pietra si resta letteralmente avvolti dal fascino di queste mura antichissime. Che racchiudono secoli di storia e preghiere. Un luogo di culto dove tutto è racchiuso nella semplicità delle cose, con il suo altare, il tetto spiovente in legno e quel poco che resta degli affreschi che un tempo ne adornavano le pareti. A sinistra dell’altare si trova un vecchio crocifisso in legno. A destra un’immagine di papa Giovanni Paolo II. Entrando,  a destra, dal muro sporge una acquasantiera in pietra. Chissà quante mani vi si sono immerse in cerca di protezione e benedizione.


ALLEVAMENTO ASINO PANTESCO

Passeggiare per il bosco di San Matteo permettere di entrare a contatto con la natura, respirando l’aria salubre di questo polmone verde, uno degli ultimi rimasti nella montagna di Erice. Ambiente che va anche al galoppo dei meravigliosi cavalli che qui si possono incontrare. Qualche esemplare è lasciato anche libero all’intero dell’area demaniale. Ma il loro nitrito non è l’unico suono che ogni tanto rompe il silenzio di questa oasi di pace. È più probabile sentire ragliare asini panteschi che vivono qui. È la prima cosa che i visitatori vedono, oltre ai panorami mozzafiato,  appena arrivano a San Matteo da Bonagia o da Valderice percorrendo il sentiero Cai 604. L’allevamento degli asini panteschi è una tappa obbligata. Si tratta della razza più antica presente in Italia, salvata dall’estinzione grazie ad un progetto dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana partito nel 1989. Il destino di questi stupendi esemplari, dal muso, il ventre ed il contorno degli occhi bianco, sembrava davvero già segnato. Ormai erano prossimi a scomparire. Per salvare la razza pantesca iniziò una ricerca per tutta la Sicilia. Furono esaminati circa 200 esemplari ma solo nove vennero selezionati, in quanto ritenuti con buona percentuale di “sangue pantesco”. Il gruppo era composto da tre maschi e sei femmine, che vennero fatti accoppiare in modo mirato: così, nel 1994, nacquero i primi quattro asinelli. Per incrementare le nascite venne anche applicata una tecnica innovativa, l’embryo transfer, impiantando più embrioni di una stessa asina in fattrici di altra razza, che fungevano così da incubatrici. Ciò permise agli asini di San Matteo di andare aumentando sempre più di numero negli anni. Il rischio estinzione fu così scongiurato. Oggi l’allevamento di San Matteo conta molti esemplari che soddisfano gli standard della razza, tutti elencanti al “Registro anagrafico delle razze equine”.


(testo e foto di Mario Torrente)